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KC Novara

Incontro del 22 aprile 2013 - La sicurezza sociale: welfare e terzo settore.

Dalle società di mutuo soccorso medioevali, alle politiche pubbliche degli stati, ai primi recuperi di partecipazione personale sussidiaria, come necessità dei nostri giorni e, soprattutto, del mondo di domani.

Questa la “dorsale” lungo cui si sono sviluppate le argomentazioni del prof. Davide Maggi, ordinario della Facoltà di Economia Aziendale dell’Università del Piemonte Orientale, Amedeo Avogadro, al sesto momento del ciclo di incontri “Una visione sul futuro: quale benessere?” finalizzato a traguardare il domani di cui saranno protagonisti gli adolescenti di oggi.

La società – nelle sue varie articolazioni – si è  sempre assunta la responsabilità del benessere dei sui componenti e gli stati/nazione hanno sempre elaborato le politiche sociali: politiche del lavoro, previdenziali/pensionistiche, sanitarie, socio-assistenziali.

L’attuale sistema di sicurezza sociale annovera quattro protagonisti: la famiglia, il mercato, lo stato e il terzo settore; e un unico “motore”: l’economia, la cui evoluzione ha avuto sostanzialmente tre fasi.

Una prima fase, della società tradizione, in cui l’economia è attività di sostentamento, il surplus di produzione va al “signore”, il welfare non esiste, la cura è compito della famiglia e della comunità.

Una seconda, della società moderna, in cui l’economia si affranca dalla comunità e si scompone in due ambiti: privata, orientata alla produzione e al profitto, e pubblica, orientata alla re-distribuzione (welfare).

Ed una terza fase, della società post-moderna, in cui nasce l’economia relazionale (o civile) come risposta efficace ed efficiente alla nuova domanda sociale.

 Oggi viviamo nel contesto di “stato sociale” moderno, nato nel XIX secolo, con l’introduzione, ad esempio, dell’introduzione dell’assicurazione obbligatoria, in Germania, nel 1883, ad opera di Bismark, e della prima assicurazione infortuni, in Italia, nel 1898.

Si è dovuto attendere il trentennio dal 1945 al 1975 per conoscere un ampio sviluppo dei modelli di welfare statale, quali il “modello universalistico” dei paesi anglo-scandinavi finanziato dal gettito fiscale e del “modello occupazionale” dei paesi dell’Europa continentale finanziato dai contributi sociali.

A partire dagli anni ’70 è incominciata la crisi del “welfare state” facendo progressivamente venir meno le premesse socio-economiche e politico-istituzionali su cui i modelli di welfare poggiavano.

 Le sfide e le prime risposte hanno riguardato e riguardano il contenimento dei costi, gli ammortizzatori sociali, la flessibilità del lavoro, il controllo dei costi pensionistici e sanitari, gli ammortizzatori per gli immigrati, la ridefinizione degli standard di prestazione.

Il tutto favorito dalla disponibilità di una cultura politica e di un capitale sociale a più elevato tasso di “civismo” e dalla presenza di organizzazione intermedie orientale alla risoluzione dei problemi concreti. Ossia organizzazioni della società civile: non governative, non profit, fondazioni, soggetti che operano nel “terzo settore” fatto di associazioni sociali, culturali, cooperative, volontariato, rappresentanze sindacali.

In definitiva si sta generando una sorta di “welfare mix” con una visione che inserisce l’esperienza della socialità umana e della reciprocità all’interno della normale vita economica, perfettamente coerente con quanto prefigurato dall’articolo 45 della Costituzione Italiana, laddove si riconosce la “funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”.

La conclusione sembra dunque che per gli adolescenti di oggi si prefiguri la necessità di una sempre maggiore coesione e cooperazione sociale.

 


del 30/04/2013

ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE FONDATA NEL 1915 A SERVIZIO DELLA COMUNITÀ E DEI BAMBINI

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