Valutazione attuale:  / 0
ScarsoOttimo 

28/2/15 - Intrigante l’argomento trattato nel corso della serata di sabato 28 febbraio al Tenimento al Castello di Sillavengo organizzata dal Club Kiwanis Ghemme e Bassa Valsesia dal titolo “Storie di monache ribelli”.

Relatrice la prof.ssa Silvana Bartoli, che ha insegnato nelle scuole superiori e presso la scuola inter-ateneo di specializzazione dell’Università di Torino.  Si occupa di ricerca storica per passione, in particolare di storia delle donne, sviluppandone le tematiche riguardanti “identità e memoria”, con attenzione specifica alle forme e ai modi della monacazione femminile del seicento. Svolge un affascinante lavoro di ricerca negli Archivi di Stato, notarili e dei monasteri, nelle biblioteche e negli archivi privati di famiglie illustri. È autrice di numerose monografie, saggi ed articoli. Collabora con l’Associazione Italiana Donne per lo sviluppo AIDoS, sezione italiana del “Women in Development Europe”. Fa parte della “Società Italiana delle Storiche”, della “Societé des Amis de Port- Royal” e del “Centre International Blaise Pascal”

La prof.ssa Bartoli ha avuto numerosi riconoscimenti tra i quali: il Premio di Scrittura Femminile “Il Paese delle Donne” sezione saggistica nel 1995, il Premio Letterario Nazionale “Grazia Deledda” sezione saggistica nel 2003, il riconoscimento della “Fondazione BPN per il Territorio” sezione saggistica nel 2005.

Partendo dal monachesimo del medioevo la relatrice ha preso spunto dal Monastero di S. Maria Maddalena in Novara, attivo dal XIII secolo, nell’edificio detto della Croce di Malta al Rondò. In epoca medioevale e fino al XX secolo la condizione della donna era particolarmente disagevole. Non aveva diritto di studio e anche le scelte di vita più importanti erano decise dal capofamiglia, talvolta ancora prima della nascita; nessuna aveva la benché minima possibilità di eccepire. Si diventava monaca o ci si maritava per decisione della famiglia non per vocazione, per scelta o per amore e molte ragazze che non si sapevano adattare si ammalavano o impazzivano. L’obbedienza era obbligata, come per Elisabetta Sforza che quindicenne fu costretta a sposare Guglielmo del Monferrato “… che era di etate di sexantacinque anni e lei ancora al sextodecimo non atingeva, et il proximo giorno consumeranno il matrimonio … Dirò solamente che ho visto questa illustre sposa molto di malavoglia e mentre che la fue sposata la vidi versar lacrime e così iersera tornò al castello con gli occhi lacrimosi e molli. Pensi Vostra Signoria quello che la farà quando l’anderà a dormire la prima sera. Credo che il cuore gli morderà parendoli di andar a dormire col padre. Pure è stato bisogno che anchor lei l’habbi bevuto il calice suo”. Morì dopo tre anni di matrimonio, alla terza gravidanza. La stessa Bona di Savoia, Signora di Novara e moglie di Galeazzo Maria Sforza, fu costretta a sposarlo pur non conoscendolo e da lui scelta principalmente perché era in possesso per dote di una reliquia potentissima che valeva molto più di tutti i beni terreni: un frammento della “Verga di Mosè”. Pure significativo fu quanto dichiarò una monaca per dimostrare la sua obbedienza: “Questi gradini sono bianchi ma, se il papa mi chiedesse di giurare che sono neri, io gli crederei”. Non tutte però accettavano supinamente questa condizione. Le monache del monastero novarese di S. Maria Maddalena nel XVII secolo acquistarono un intero isolato situato tra via S. Pellico, C.so Cavallotti, via M. Greppi, via dell’Archivio e trasferirono il monastero dalla precedente sede in questi edifici, rimanendovi fino al 1799. Dal 1804 questo edificio fu sede del liceo classico e dell’archivio di stato e dal 1823 è di proprietà del Comune di Novara.

Le monache fecero un resoconto del trasloco disobbedendo alle direttive del Vescovo e subendone le reprimende.

Anche Jacqueline Arnauld (mère Angelique) badessa dal 1602 del monastero di Port-Royal nei pressi di Parigi si batté per riportare il suo monastero alla piena osservanza della regola benedettina in netto contrasto con il vescovo e le autorità del luogo che erano abituate ad entrare in convento quando ne avevano voglia mentre la “regola” non lo prevedeva. Innumerevoli altri esempi sono stati citati dalla prof.ssa Bartoli che ha intrattenuto i presenti con una relazione avvincente densa di riferimenti storici. Poco più di mezz’ora densa di cultura e di passione oratoria molto apprezzata dai soci e loro ospiti.

La presidente Alessandrina Gozzi ha consegnato alla prof.ssa Bartoli una ceramica artistica e il gagliardetto del Club.

Il prossimo appuntamento sarà il 28 marzo al Ristorante Gufo Nero di Ghemme per la conviviale di Pasqua con la compagnia teatrale di Pierluigi Zuin che interagirà con i presenti coinvolgendoli in divertenti pieces.

 Ghemme27 2

0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 (0 Votes)

I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi. Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. View e-Privacy Directive Documents