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Venerdì, 6 febbraio, è stata per i soci e gli amici del Kiwanis Club Novara MONTEROSA una serata spumeggiante per le bollicine dei vini DOC, graziosamente offerti dalla Dott.ssa Lorella Zoppis Antoniolo, Presidente del Consorzio Nebbiolo Alto Piemonte, che nel corso dell’incontro ha illustrato l’eccellenza dei vini delle Colline Novaresi, affermando che sono una realtà storica da rivalutare.

Il Consorzio, istituito nel 1999, si prefigge di tutelare e valorizzare i prodotti vitivinicoli delle province di Novara, Verbano Cusio Ossola, Vercelli e Biella e si autofinanzia coi contributi degli oltre 130 soci. I vini DOC di competenza da tutelare sono dieci.

La relatrice ha esordito con un breve excursus storico sulla coltivazione della vite nella regione, che risale al tempo in cui il territorio era dominato dai Celti. Nel I secolo a.C. i Romani, sotto il comando del console Caio Mario, annientarono completamente le popolazioni dei Cimbri, che avevano occupato il territorio, nella famosa battaglia detta dei Campi Raudii, che si estendevano tra Novara e Vercelli e dove veniva coltivata la vite. I vincitori imposero i propri metodi, in base ai quali la vite non fu più coltivata col sistema a spalliera o arrampicata, ma con quello a filiera, che prevedeva di piantare tre-quattro viti insieme e distendere i loro tralci su pali messi intorno, rendendo la coltivazione più razionale.

Il terreno, dedicato a vigneto, è in parte vulcanico-alluvionale e in parte morenico, specie nella fascia meridionale con caratteristiche siliceo-argillose, strettamente legato da millenni al prodotto.

Numerosi reperti, rinvenuti sulle Colline Novaresi, testimoniano la produzione del vino, tra cui un’ara, dedicata a Giove e a Bacco, definito “padre conservatore delle vigne” e una preziosa tazza vitrea istoriata con la scritta “bevi e vivrai molti anni”. Il geografo e storico greco Stradone, ad esempio, si meravigliava dell’elevato numero di botti per la conservazione del vino,“grandi più di una casa”.

Nei tempi moderni, il conte di Cavour in una lettera diretta al Sen. Avv. Giacomo Giovanetti di Novara elogiava tanto il “bouquet dei vini novaresi” da convincerlo a produrre “vini di lusso”, fino ad allora pregio della Francia, ma sconosciuto ai vini delle colline novaraesi.

Altri entusiasti del prodotto furono il poeta milanese Carlo Porta e Stendhal, che fu ospite in una villa-cascina nelle vicinanza di Ghemme, immersa tra i vigneti.

Nonostante queste qualità la Dott.ssa Zoppis Antoniolo non ha mancato di manifestare le proprie perplessità di fronte allo scarso interesse dei novaresi per i prodotti locali, sebbene eccezionali: vini, formaggi, salumi e alla pronunciata carenza di spazi espositivi. A tal fine ha citato realtà di altri luoghi, come invece avviene in Friuli, dove nei negozi e nei supermercati viene sempre riservato uno stand per i prodotti del luogo.

I vigneti delle Colline Novaresi, presenti nel territorio del Piemonte orientale, tra la Sesia e il Ticino, si produce la maggior parte di uva. Ma la fillossera, comparsa dopo l’ultima guerra, causò ingenti danni alle viti e un rilevante decremento in economia che indusse i viticoltori a ricorrere ad altri tipi di innesti con viti americane, più resistenti al dannoso insetto.

I vini DOC del Novarese sono il Boca, Il Fara, il Ghemme e il Sizzano, i cui disciplinari di produzione risalgono al 1969. Attualmente, ha fatto presente la relatrice, non è stato concesso analogo riconoscimento al vino Erbaluce per motivi non del tutto chiari, per cui è in atto il ricorso agli Organi Europei.

Il vitigno utilizzato per tali vini è appartenente per l’85% al Nebbiolo, il vitigno di maggior prestigio del territorio collinare novarese, che, oltre a concorrere in misura così rilevante nella costituzione dei vini DOC, fornisce una produzione costante negli anni ed è precoce nel germogliare e tardivo nel maturare. Il Nebbiolo ha un colore rosso intenso e un sapore armonico e si presta anche ad un lungo invecchiamento. Gli ultimi tempi registrano un sensibile incrementando nella produzione di spumante secondo il metodo classico, che prevede di trarre il vino dal succo degli acini, privati della buccia e facendolo fermentare in bottiglia.

Accanto ai vini di eccellenza sono prodotti nel territorio numerosi vini da tavola ad indicazione geografica, tra i quali è annoverato lo Spanna, il cui nome, si ritiene, è connesso ad un fatto storico, quando Carlo V nella prima metà del 1500 governava Milano, e quindi Novara. L’imperatore rimase così soddisfatto del gusto del Nebbiolo che dispose di spedirne grandi quantità nella sua patria. Le botti, pronte per la spedizione, furono marcate con la scritta Espana, che nella lingua parlata degli addetti al carico, divenne Spana e poi Spanna. Molti giovani attualmente si sono dedicati alla coltivazione della vite, che hanno abbracciato per dedizione, non per altri motivi, come per la mancanza di lavoro.

Prima di concludere, la Dott.ssa Zoppis Antoniolo ha magnificato le qualità uniche e specifiche dei vini dell’Alto Piemonte per il loro terroir, cioè il complesso di numerosi fattori, assolutamente tipici di un territorio, anche se ristretto. Si possono produrre vini, ha precisato, con la medesima uva, dallo stesso viticoltore, con analogo procedimento, ma se le uve provengono da vigneti di luoghi diversi, anche i vini saranno diversi. Il clima, la morfologia, l’esposizione e l’altitudine del territorio, le caratteristiche e i minerali del suolo ed altri ancora come anche l’acqua, sono l’espressione delterroir e costituiscino fattori non esportabili.

Questo è il fascino del terroir, che per i vini fa la differenza. (a. l.) 

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AdmirorGallery 4.5.0, author/s Vasiljevski & Kekeljevic.
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