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KC Genova Columbus - Conferenza per celebrare il Giorno della Memoria  

Pubblicato da: MFPellegrino | KC Genova Columbus |  Letture: 1976

KC Genova Columbus - Conferenza per celebrare il Giorno della Memoria
Dopo aver affrontato il tema sui Diritti dei Bambini con la Prof.ssa Luisella Battaglia, Luciano Giacomini (Chair Area Nord Distretto per L’Osservatorio dei Diritti dell’Infanzia e Cyberbullismo) e Luigi Pampana Biancheri (Presidente del KC Genova C.) hanno proposto, il 30 Gennaio 2016 , in occasione della “Giornata della Memoria“ un incontro con conferenza al Ristorante Zeffirino, sul tema dell’Olocausto patito dall’infanzia e dall’adolescenza tenuta dal Prof. Paolo Aldo Rossi Professore Ordinario di Storia del Pensiero Scientifico, e Prof. Ida Li Vigni Docente di Lettere e studiosa della materia.

Pomeriggio emotivamente intenso scandito dalle parole dei relatori che hanno obbligato i presenti a rivivere una tragedia non certo lontana.
Ad una presentazione dell’olocausto nella storia da noi piu’ conosciuta, della Prof.ssa Ida Li Vigni relativa specialmente ai bambini, ha fatto seguito un intervento del Prof. Paolo Aldo Rossi , di cui riportiamo uno stralcio , centrato su
1492 Gli Ebrei a Genova
La caduta di Granada e riunificazione della Spagna, la cacciata degli Ebrei dal regno, la scoperta dell’America ,l’inizio della epidemia di sifilide (una pestilenza mai vista…assai contagiosa e lurida)continuando quelle di tifo peste e malattie della pelle e a sentire le cronache il mare agghiaccia nel porto di Genova e a maggio si devono rimettere i panni invernali “ogni uomo gli convenne tornare alle pelli” e d’estate tutti i fiumi straripano si che fu chiamato “l’anno del diluvio”. La corona di Spagna nell’Editto Generale per l’espulsione degli Ebrei dall’Aragona e dalla Castiglia del 31 marzo 1492 dichiara “ Siamo venuti quindi alla conclusione che il mezzo piu’ efficace per ovviare a questo male era impedire ogni contatto tra ebrei e cristiani , cosa che si puo’ ottenere soltanto con l’espulsione degli ebrei dal nostro regno (…).Abbiamo quindi deciso di cacciare per sempre dai confini del nostro regno tutti gli ebrei d’ambo i sessi (…). I contravventori al nostro ordine verranno puniti per direttissima con la morte e con la confisca dei loro beni. In questa situazione confusa, ambigua e incomprensibile, è chiaro che l’ebreo tornava ad essere lo straniero, il dissimile e il portatore di lebbra e di peste. Il fatto che gli ebrei vivessero in aree chiuse e con un’osservanza di precetti religiosi sanitari e dietetici particolari (dal non toccare certe carni alla loro macellazione rituale, dai bagni cultuali con acqua piovana e l’uso d’acqua di sorgente alle particolari e rigorose norme igieniche) non poteva che far sì che il diverso fosse il portatore della malattia venerea: la più ignobile e vergognosa delle malattie. La diaspora (l’esilio o la dispersione, Tefutzah o Galut) a cui furono obbligati gli Ebrei dall’Inquisizione spagnola ebbe il proprio culmine nel decreto di espulsione del 1492 e l’esodo a cui fu condannato un popolo diverso che abitava il territorio degli uomini normali, ma non sapeva quale fosse la propria terra, fu una tragedia costante per tutta l’umanità: dall’esilio in Egitto alla prima diaspora a Babilonia, dalla distruzione del Tempio alla definiva dispersione nel 70 d. C., dall’espulsione dei secoli XIV e XV da Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Portogallo ... fino alla Shoah (desolazione) o olocausto, ossia la soluzione finale messa in atto dai nazisti.
Il cancelliere genovese Bartolomeo Senarega, che assiste di persona – al porto di Genova - all’immane migrazione e fuoriuscita degli Ebrei dalla Spagna, scrive : “Della rimanente turba alcuni in Italia, altri in Grecia e in parti dell’Asia vicino alla Grecia e molti in Siria e in Egitto partirono per nave ... Res haec (il decreto dei re spagnoli) ad un primo aspetto lodabili che guardava all’onore e al decoro della nostra religione, ma [le leggi] contenevano in se stesse qualcosa di grande crudeltà se pensassimo che costoro non fossero belve ma uomini da Dio create Misero fui a vedere tante sciagure. Molti morivano dalla fame, per primi i lattanti e gli infanti. Le madri semivive tenevano sulle braccia i figli morenti di fame ed esse stesse con i figli morivano. Molti per il gelo, molti per l’indigenza e l’abbandono, e per la sete, erano sterminati. Il mare agitato e inconsueta navigazione per l’incredibile moltitudine li uccise. Per tacere dei marinai crudeli che li trasportavano che, oltre a rubargli avaramente i denari, vendevano come schiavi anche i loro figli se non potevano pagarli. Vennero nella nostra città in molti non fermandosi per lungo tempo e difatti dalla antichità i Padri della Patria per consuetudine permettevano un massimo di tre giorni di ritardo alla partenza. Fu concesso, tuttavia, che le navi che li conducevano si fermassero un poco quando venivano a ripararsi dai flussi del mare per il tempo di essere aggiustate per subire una lunga e necessaria riparazione. Mentre le navi erano riparate gran parte dell’inverno era passata. Erano delle larve, macilenti, pallidi con gli occhi spenti e a stento si muovevano quasi che fossero morti (Bartolomeo Senarega, De rebus genuensibus commentaria ab anno 1478 ad annum 1514, Zanichelli, Bologna, in Muratori, XXIV. 531)

Luciano Giacomini
(Chair Public Relation and Communication)








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