KC Novara
Multietnicità e integrazione sociale: nuove esperienze e sfide nelle città.
Multiculturalità e integrazione: altri due grandi temi di trasformazione del mondo che vivranno gli adolescenti di oggi, trattati dal prof. Giacomo Balduzzi al terzo appuntamento del ciclo annuale di incontri, supportato dalla Facoltà di Economia dell’Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro e denominato “Una visione sul futuro: quale benessere”.
Due le premesse del relatore, per poi delineare caratteristiche e direttrici di tendenza.
Chi ha vissuto più di un anno in un paese diverso da quello di nascita, secondo l’Onu, è un “migrante”. Nel 1960, nel mondo, i migranti erano 76 milioni; nel 2009, 214 milioni. Di quest’ultimi, 16 milioni erano rifugiati e 900 mila, richiedenti asilo. Questo sul versante della multietnicità.
Quanto al contraltare dell’integrazione sociale, è bastato ricordare che dei 7 miliardi di persone che popolano la terra, il 52 percento vive in città. Con l’avvertenza che i dati demografici considerano “città” sia un agglomerato di 15mila abitanti sia Tokyo, la più grande area urbana: 36,7 milioni di persone, un quarto della popolazione del Giappone.
La globalizzazione, un processo che dovrebbe rendere il mondo sempre più connesso, più piccolo e più interato, porta invece a soffrire gravi problemi di integrazione sociale e di convivenza nelle città e nei quartieri. Ossia: esclusioni, diseguaglianze, disgregazioni, processi di sviluppo ed espansione informi e ingovernabili, squilibri e forme di ghettizzazione etnica e sociale.
Nel senso comune si è portati a pensare che le culture, le identità e le appartenenze etniche siano in qualche modo date, non costruite, “naturalmente” portatrici di culture, abitudini e valori diversi da quelli della società ricevente, mentre in realtà sono prodotte e riprodotte nell’interazione, continuamente decostruita e ricostruita.
Così, ad esempio, molti studiosi ipotizzano che il grande successo dei movimenti islamici separatisti, non sia dovuto sempre solo esclusivamente a una religiosità d’origine di stampo radicale o neotradizionalista, ma sia stata un’adesione successiva alla migrazione, dovuta a fenomeni di aggregazione e di reazione al contesto.
Tra l’altro l’azione dei movimenti neotradizionalisti è influenzata relativamente dalla perdita del territorio in ambiente non mussulmano, ma è molto sostenuto e rafforzato dall’uso di internet che mette in discussione i tradizionali vincoli spazio-temporali, producendo nuove forme di interazione.
Le questioni dell’integrazione sociale e del modello politico-culturale della società multietnica spesso sono accompagnate da atteggiamenti contrastanti nell’opinione pubblica e da un’attivazione troppo intermittente di iniziative che favoriscono la partecipazione e l’attivazione di percorsi che siano di reale integrazione, al là dell’aspetto assistenziale, pur fondamentale.
Se in Italia, probabilmente, non si sono avute crisi urbanistiche gravi, è forse perché il “modello sociale” delle città medie finora ha tenuto, evitando fenomeni dirompenti quali quelli che ad esempio ci sono state nelle periferie parigine.
Tuttavia, la tenuta delle città medie non va data per scontata sul medio-lungo periodo. Al contrario, occorre pensare a modalità stabili e continuative idonee per ripensare e reinventare continui cambiamenti.
In sostanza, questi processi che si declineranno a livello economico, culturale, sociale e politico, per i giovani di domani, andranno considerati una meta, una finalità da continuamente perseguire.
del 16/01/2013
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