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KC Novara

La finanza e l’economia reale.

“La finanza e l’economia reale: alle radici della grande crisi” è stato l’argomento di estrema attualità trattato dalla prof.ssa Anna Maria Carabelli in occasione del quarto incontro del “ciclo di conferenze e dialogo” supportato dai docenti della Facoltà di Economia dell’Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro di Novara, ciclo finalizzato a tratteggiare il “mondo futuro” di fronte al quale potranno trovarsi gli adolescenti di oggi. 

Le condizioni di finanza ed economia reale di oggi – ha sostenuto al prof.ssa Carabelli – si generalizzano nel 2008-2009, dopo essere entrate in crisi l’anno prima con il fallimento del mercato americano dei cosiddetti subprime (prestiti immobiliari a privati, diventati inesigibili). La generalizzazione è avvenuta attraverso la mondializzazione della crisi grazie alla deregolamentazione, liberalizzazione e globalizzazione dei mercati finanziari e alla trasformazione da crisi finanziaria a crisi reale, con il crollo del mercato internazionale, dei beni, del lavoro e delle materie prime.

Ancora un anno, e la crisi si è trasformata da crisi del settore finanziario privato a crisi bancaria generalizzata (crisi di liquidità e crisi di insolvenza delle banche) e poi a crisi del settore pubblico, con l’esplosione del debito pubblico degli Stati, quando questi sono intervenuti per fronteggiare la crisi bancaria.

Questo nelle sue linee generali, fino al 2010, quando la crisi incomincia a interessare pesantemente i paesi dell’area Euro con l’esplosione dei tassi d’interesse della Grecia (in primo luogo), poi del Portogallo, dell’Irlanda, della Spagna e dell’Italia, con un progressivo peggioramento che oggi (2013) incomincia a riguardare anche la Germania.

I riflessi sull’economia reale si sono via via dimostrati pesantissimi, fino a incidere – specificamente in Italia – con la perdita di 70 mila impese in cinque anni, la disoccupazione di tre milioni di persone e del 40% dei giovani, la chiusura del credito alle imprese, la caduta dei consumi e del risparmio delle famiglie, il rischio di povertà per il 30 percento della popolazione.

Secondo la prof.ssa Carabelli sarebbe limitativo concepire questa ricostruzione come il prodotto dell’euforia speculativa dell’ultimo decennio. Sarebbe piuttosto l’evoluzione di un processo di lungo corso originatosi dalla contrazione della crescita economica alla fine degli anni ’60 e dal mantenimento di condizioni di prosperità artificiose, ottenuto attraverso la rinuncia al ruolo regolatore della politica, fino a giungere ai livelli di ingovernabilità sfociati nella crisi finanziaria del 2007.

Il problema è ora di affrontare in maniera vincente le sfide attuali.

Le scuole di pensiero che si stanno sviluppando ruotano intorno a quesiti quali: la crisi odierna è crisi del neoliberismo e della finanziarizzazione dell’economia? Le colpe vanno addossate agli Stati oppure alla finanze e alla banche? Le strade da seguire sono quelle dell’austerità (riduzione dei prezzi, riduzione dei salari, miglioramento della competitività, aumenti della produttività, aumenti della concorrenza) oppure quelle del neomercantilismo (cercare di esportare di più a scapito di qualcun altro; ma se lo fanno tutti, chi è che consuma e che importa?)

Un direttrice importante – ha sottolineato la prof.ssa Carabelli – probabilmente è quella indicata da Dani Rodrik, liberista, docente di Economia Politica all’Università americana di Harvard.

Rodrik, nel suo ultimo sforzo letterario (The Globalisation Paradox, 2011), sostiene che per gestire le economie nazionali e proteggere i contratti sociali sia necessario avere uno “spazio politico” in cui occorra affrontare un ineludibile trilemma: globalizzazione, democrazia e stati nazionali? La risposta di Rodrik è “non tutti e tre insieme, bisogna rinunciare a uno”.

Infine si può forse dire che per gli adolescenti europei di oggi la soluzione maggiormente auspicabile è che la scelta cada sulla rinuncia di sovranità nazionali a favore di un Europa integrata, a regime marcatamente democratico. Diversamente, gli adolescenti europei finirebbero in balia dei “colossi” americano, cinese, indiano, brasiliano e chissà chi altro.

Novara, lunedì 13 marzo 2013.
 


del 18/03/2013

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