KC Catania Etna - KC Catania Est
GIUSTIZIA E PACE. AL KIWANIS CONFERENZA DI MONS. MICHELE PENNISI
L’attività culturale per l’anno sociale 2013-2014 dei Club Kiwanis Catania Est e Catania Etna, presieduti rispettivamente dagli avvocati Vincenzo Martines e Giuseppe Spampinato, è stata inaugurata congiuntamente dal meeting imperniato sulla conferenza dell’arcivescovo di Monreale mons. Michele Pennisi avente per tema “Giustizia e pace: lavorare insieme per realizzare un mondo senza discriminazioni”.
Dopo le presentazioni a cura del cerimoniere dr Angelo Nassisi, il classico colpo di campana e l’esecuzione degli inni e l’omaggio alle bandiere Usa, Europa e Italia, l’avv. Martines nell’introdurre l’illustre ospite, che riveste anche l’ufficio di segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha ricordato la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza celebrata a Catania il 20 novembre con gli scolari, di diverse razze, dell’istituto comprensivo Vespucci, in segno di solidarietà con i coetanei che si trovano in situazioni di violenza ed ingiustizia, come i soldati-bambini. Circa 6 mila bambini sono stati arruolati nelle milizie che combattono nella Repubblica centroafricana. “Il Kiwanis”, ha evidenziato il presidente di K Catania Est, “è un’organizzazione mondiale impegnata a favore dei bambini ed ogni anno, in tutto il mondo, festeggia la data del 20 novembre 1989, in cui l’Assemblea generale dell’ONU ha approvato la convenzione per i diritti dell’infanzia”. “Pace non vuol dire assenza di guerra”, ha concluso, “ci sono, però, forme di guerre nascoste; faccio due soli esempi: 1. la guerra finanziaria. Una volta gli Stati venivano conquistati con le armi. Oggi si scommette sui mercati finanziari per il fallimento degli Stati per fare arricchire alcuni. 2. La guerra dell’immigrazione o demografica”.
Mons. Pennisi ha esordito affermando che “il tema della pace che si basa sulla giustizia è un tema centrale per l’umanità ed anche per la Chiesa”. Dagli interventi dei Papi del Novecento, infatti, è scaturito che la ricerca della pace si è rivelata come un aspetto essenziale del dialogo della Chiesa con gli uomini del nostro tempo, un importante banco di prova della testimonianza di carità che i cristiani hanno da dare al mondo: Da Benedetto XV che definì la guerra “inutile strage”, fecero sentire la loro voce Pio XI che invocò l’Onnipotente “a disperdere coloro che vogliono la guerra”, il servo di Dio Pio XII che lanciò l’appello “Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace”, il Beato Giovanni XXIII che pubblicò l’enciclica “Pacem in terris” e per il quale la pace poggia idealmente su quattro colonne: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà.
Il presule ha sottolineato ancora che il venerabile Paolo VI, che istituì il Consiglio Justitia et Pax e la Giornata mondiale della pace, definì “lo sviluppo nuovo nome della pace”, come il magistero del Beato Giovanni Paolo II costituisca una vera educazione alla pace, e come Benedetto XVI parlando della pace abbia affrontato diversi temi importanti: globalizzazione, pandemie, disarmo, crisi alimentare, distorsioni della finanza. Papa Francesco, che nella recentissima esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” ha dedicato due capitoli alla pace, “Il bene comune e la pace sociale” e “Il dialogo sociale come contributo per la pace”, ha indicato come tema per la 47^ Giornata mondiale della pace: “Fraternità, fondamento e via per la pace”. Fraternità che, come egli ha più volte mostrato, si realizza in azioni concrete: cibo sufficiente per tutti, sicurezza, medicine, casa e lavoro.
“Si può dire oggi” ha aggiunto l’arcivescovo “che nella Chiesa c’è una diffusa coscienza che la guerra è un male che bisogna cercare di evitare in tutti i modi…Sempre più chiaro è apparso anche il nesso tra guerra e povertà e, al contrario, tra pace e progresso. E’ il significato del solenne binomio: giustizia e pace…La Santa Sede si è fatta promotrice in questi ultimi decenni di un ordine internazionale fondato sul diritto e la giustizia, indicando i diritti dell’uomo e i diritti dei popoli come i fondamenti della pace…La Chiesa ha cercato di sviluppare un complesso ed articolato discorso sulla guerra e sulla pace, che si rivolge a credenti e non credenti…Se si vuole costruire un mondo più giusto e più pacifico bisogna lavorare insieme per realizzare un mondo senza discriminazioni”.
Mons. Pennisi ha concluso la sua dotta conferenza con una frase del Beato Giuseppe Puglisi, sacerdote e martire vicino alle sofferenze dei più poveri: “Se ognuno fa qualche cosa, allora possiamo fare molto”.
Gli interventi programmati hanno toccato diversi punti nodali, alcuni riguardanti il pensiero politico-sociologico di Don Luigi Sturzo sulla c.d. “guerra giusta”, quali “La politica è vera politica quando si richiama ai valori morali che trovano compimento nel rispetto della persona umana…La politica deve indirizzare l’economia e non viceversa”, l’istituzione di un’autorità mondiale per la pace il cui tema è stato oggetto dell’ultima sessione plenaria della Pontificia Commissione Giustizia e Pace ed anche di Benedetto XVI. Il prof. Alfredo Petralia, in particolare, ha ricordato le difficoltà che vivono i cristiani nei Paesi arabi e ha proposto di fare qualcosa di profondo per gli immigrati, specie africani: dare il nostro aiuto per operare concretamente nei Paesi di origine sempre più impoveriti dall’emigrazione di massa di tali sfortunati. Occorre investire, specie in sinergia, risorse del Kiwanis per finanziare degli stage di formazione per periodi brevi, da tenere nelle nostre università per giovani dei Paesi del Mediterraneo dove ritorneranno preparati, qualificati e specializzati in diversi settori tecnologici.
L’avv. Spampinato ha ringraziato calorosamente mons. Pennisi per avere accolto l’invito e, nel coordinare le istanze dei vari interventi, ha annunciato che i kiwaniani cercheranno di ospitare a Catania, in sinergia con l’Università, diversi giovani dei Paesi in via di sviluppo per acquisire quelle conoscenze tecnico-scientifiche, indispensabili per promuovere nella loro patria condizioni di crescita e di sviluppo economico-culturale, onde evitare il doloroso flusso migratorio verso l’Europa, in cerca di fortuna, benessere, pace. Il presidente, nel ricordare un pensiero del servo di Dio mons. Oscar Romero, vescovo e martire, sintetizzabile nel detto “dare voce a chi non ha voce”, ha rivendicato al Kiwanis proprio la missione proposta, con l’assenso di tutti i soci, di contribuire, senza eccezioni e discriminazioni, alla sconfitta della povertà, definita dall’Onu come condizione umana caratterizzata da cronica e prolungata privazione senza risorse.
Ha concluso l’incontro il dott. Nunzio Spampinato, luogotenente governatore della Divisione Sicilia 2, il quale ha ricordato le finalità del Kiwanis sublimate dalla regola d’oro “Fai agli altri ciò che desidereresti che gli altri facessero a te” e miranti anzitutto ad affermare la supremazia dei valori umani e spirituali su quelli materiali, per instaurare un regno di pace e di giustizia tra tutti i popoli: l’attenzione all’altro, allo straniero, all’immigrato, ai popoli sottosviluppati. Dobbiamo reagire alle ingiustizie che offendono la dignità dell’uomo. Solo la rettitudine morale favorisce il raggiungimento dei diritti umani in tutti i campi.
Antonino Blandini
BREVE INTERVISTA A MONS. PENNISI
La presenza di mons. Pennisi che riveste l’importantissimo ufficio di segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, induce a porgli qualche domanda:
Eccellenza, è in atto la campagna “Lavoro non bombe”, promossa dalla Tavola della pace, per ritrovare un po’ di pace, per uscire dalla crisi insieme, più liberi ed eguali, con l’appello: “Vogliamo il lavoro non le bombe!”. Ritiene lei possa essere questa una via efficace per uscire dalla crisi?
Oggi, purtroppo, ci sono le guerre perché ci sono industrie che fabbricano armamenti. Ricordo che una volta Aldo Moro, in visita al Collegio Capranica di cui ero rettore, fu interpellato sulle industrie belliche italiane. Lo statista rispose che, purtroppo, era un dramma dell’Italia. Allora bisogna, come diceva il profeta Isaia ripreso da Giorgio la Pira, trasformare le spade in falci e, come affermava Raoul Follereau, i carri armati in trattori. Si tratta di garantire il lavoro non costruendo armi ma strumenti di pace che possano aiutare lo sviluppo dei popoli, soprattutto del Terzo Mondo, dell’agricoltura e di un’industria che badi all’ambiente.
A proposito di La Pira, il pensiero di questo servo di Dio, è ancora attuale quando parla profeticamente del Mediterraneo?
La Pira sognava che il Mediterraneo, in cui erano sorte le tre religioni monoteiste, potesse essere un lago, un mare di pace: è diventato, purtroppo, un cimitero di guerra.
Colpisce tanto un’espressione, autenticamente cristiana, tratta dall’enciclica “Ubi Arcano Dei” di Pio XI: “La vera pace è cosa piuttosto di carità che di giustizia…”.
Quest’aspetto è stato molto approfondito da Don Luigi Sturzo che diceva “La giustizia da sola non basta”, e ripreso da Giovanni Paolo II quando affermava: “La giustizia dev’essere vinta dall’amore, dalla gratuità perché uno non può proporsi di costruire una società migliore soltanto con gli impegni di pura giustizia”. Questa giustizia dev’essere superata dalla carità gratuita e dal perdono, sentimenti profondamenti cristiani. La carità, cioè l’amore presuppone la giustizia. La carità non è però l’elemosina che è insufficiente.
Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha curato il volume “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa”. Nella copertina c’è un’illustrazione (tratta dall’affresco di Ambrogio Lorenzetti del 1338 presso il Palazzo Pubblico di Siena) in cui è raffigurata l’allegoria del Buon Governo rappresentata dalla Sapienza come donna regale con in mano l’asta di una grande bilancia con due piatti contenenti le due piccole figure della giustizia distributiva e della giustizia commutativa, con in mezzo la grande figura della Giustizia in persona. Quale significato si potrebbe dare oggi alla scritta “Diligite justitiam qui judicatis terram”, versetto d’apertura del Libro della Sapienza posto sopra di essa?
La terminologia relativa alla giustizia distributiva e commutativa è tipica della cultura giuridica. La prima fa sì che possa essere una distribuzione di quelli che sono i beni dell’umanità non a vantaggio di pochi ma di tutti; quella commutativa sta a significare che ci sono diritti e doveri per tutti: pertanto, se uno rispetta il diritto degli altri, anche gli altri lo rispettano.
Grazie, Eccellenza, per le sue illuminanti parole che costituiscono un messaggio di speranza, per quanti, purtroppo, la speranza l’hanno quasi perduta.
Antonino Blandini
del 09/12/2013
ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE FONDATA NEL 1915 A SERVIZIO DELLA COMUNITÀ E DEI BAMBINI
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