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KC Novara Monterosa

Ospite del Kiwanis Club Novara MONTEROSA nella serata del 28 febbraio scorso è stato il Prof. Battista Beccaria storico medievalista, che dedica i suoi studi con particolare attenzione alla chiesa novarese. Autore di numerose pubblicazioni, collabora con riviste del settore e svolge una rilevante attività di conferenziere in Italia e presso istituzioni estere.

Il Prof. Beccaria ha intrattenuto soci ed amici del Club su un argomento di notevole importanza per la città di Novara, dal tema: Inquisizione e stregoneria nella Diocesi di Novara tra il XVI e il XVII secolo, un settore da pochi anni portato all’attenzione degli studiosi e dei lettori proprio dal Prof. Beccaria, che ha rinvenuto preziosi documenti soprattutto presso l’Archivio Storico Diocesano di Novara.

L’argomento sulle streghe e sugli stregoni nella Diocesi novarese lo ha indotto ad indagare presso altri archivi, che gli hanno consentito di mettere le mani sugli atti di un processo, rinvenuti in Inghilterra presso il Trinity College di Dublino, dove erano finiti dopo essere stati trafugati dall’Italia probabilmente in periodo napoleonico e requisiti dagli Inglesi dopo la vittoria di Waterloo.

La comparsa delle streghe, ossessioni del diavolo, nel territorio novarese si verificò intorno al 1500 e divenne subito oggetto dell’attenzione interessata dell’Inquisizione Romana, istituita da Paolo III, un pontefice pervaso da un eccesso di mondanità con balli in maschera, spettacoli, festini, a cui si adeguò il clero, alto e basso, della curia di Roma.

L’inquisizione fu sempre storicamente legata a un tribunale che giudicasse i colpevoli di eresia, o di delitti commessi con eresia o ad essa assimilati. Al primo sentore di voci su eventuali episodi di stregoneria, il papa inviava senza perder tempo i suoi inquisitori sul posto, come avvenne contro i Catari e, nel novarese, contro fra Dolcino.

Il fatto occasionale, che determinò nel territorio della diocesi di Novara la caccia alle streghe, avvenne a seguito della denuncia fatta contro una donna di Mergozzo. Il fenomeno si diffuse con rapidità verso le terre del nord, soprattutto nelle valli ossolane, tanto che storicamente non risultano nel territorio di Novara streghe cosiddette di pianura.

Nella città l’Inquisizione contava su due tribunali: quello della curia e quello dei domenicani, i quali ultimi in materia la facevano da padroni, anche se nel ducato di Milano si propendeva a favorire il tribunale episcopale per equilibrare quello facente capo al pontefice e alla curia romana. La situazione di rivalità indusse i rappresentanti delle due istituzioni a concludere un concordato, che attutì in un certo senso lo scontro.

Ognuno dei due tribunali disponeva di proprie prigioni. Quelle vescovili erano situate nei sotterranei del vescovado, dove attualmente si trovano i locali dell’archivio diocesano, a suo tempo murato e a tutt’oggi non ancora del tutto aperto. Fino al periodo napoleonico questo tribunale aveva competenza anche in materia sessuale.

Le carceri domenicane avevano sede sotto la chiesa di S. Pietro Martire, oggi chiesa del Rosario.

Tornando alle streghe, allorché venivano arrestate, erano condotte al carcere di Novara, dove erano subito sottoposte a depilazione su tutto il corpo, per evitare il procreare di parassiti, e visitate nelle parti anche intime per accertare se portassero impresso il sigillo del diavolo. Rinchiuse in fetidi cameroni, vi sostavano per un breve periodo, circa un mese, perché fosse chiaro che da quel momento non si scherzava più, e successivamente venivano portate davanti agli inquisitori per l’interrogatorio.

Gli inquisitori, che da tempo avevano raccolto in segreto le prove dei delitti, ora con petulante insistenza rinfacciavano alle derelitte di essere certi dell’accusa formulata. Ove la sventurata non confessava oppure si rifiutava di fare i nomi i complici, era sottoposta alla tortura della corda, che era il supplizio più diffuso. Il boia doveva essere esperto nel legare le mani della strega dietro la schiena per alzarla dal pavimento mediante una fune, che scorreva in una carrucola assicurata alle travi del soffitto, ma doveva essere anche capace di mettere a posto eventuali lussazioni, per poter consentire la prosecuzione della punizione.

I due tribunali erano divisi da una profonda rivalità motivata anche da interessi economici, in quanto i beni dei condannati al rogo venivano confiscati ed incamerati dal tribunale che aveva emesso la sentenza. In tale procedura i domenicani erano molto abili.

In questo periodo, vescovo di Novara era Carlo Bascapé, contrario all’applicazione della tortura per cultura, per principi umanitari, per forma mentis, ma doveva anche tener conto degli avversari, che potevano rivalersi su di lui accusandolo di eresia, perché proteggeva gli indagati. I domenicani erano in contatto stretto con gli organi della curia romana, cui segnalavano tutto ciò che accadeva nella diocesi.

Avviandosi alla conclusione il Prof. Beccaria ha spiegato che esistono due tipi di streghe: quelle che fanno il male e quelle che celebrano un rito; le prime cagionano il male con i propri poteri, aiutate dal demonio di cui sono uno strumento, e le altre invece celebrano un’operazione con serietà ed impegno, che può assumere aspetti orgiastici e sessuali e perciò peccaminosi, perché manovrate dal demonio col quale si congiungono carnalmente.

A Novara bisognò attendere l’arrivo del vescovo Taverna nel 1516, uno spirito illuminato, che distrusse il mito delle streghe, affermando semplicemente che esse non esistevano. (a. l.)


del 03/03/2014

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