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KC Novara Monterosa

Alla consueta riunione del Kiwanis Club Novara MONTEROSA è intervenuta la Prof.ssa Silvana Bartoli, storica novarese, che si interessa in particolare della storia delle donne, su cui ha scritto numerosi libri ed articoli per riviste specializzate.

L’argomento trattato ha riguardato le monache ribelli di Port Royal, sulle cui vicende per la Sellerio Editore ha pubblicato la “Relazione di Port Royal”, redatta nel 1655 dalla badessa pro tempore dell’Abbazia, Angélique Arnauld.

La badessa e le consorelle si opposero per affermare l’autonomia femminile contro la prassi in uso in quel periodo molto tormentato tra il 1600 e il 1700 quando i genitori imponevano alle figlie di varcare le soglie di un convento, tranne le primogenita, che invece era destinata ad andare sposa.

L’Abbazia di Port Royal, fondata nel 1204, era situata a sud est di Parigi, nella zona dove in seguito fu costruita la Reggia di Versailles. Il sito era una vallata boscosa, ma paludosa e malsana, dove secondo la tradizione i benedettini costruivano i loro edifici. Inizialmente appartenne all’ordine benedettino, ma intorno al 1240 adottò la regola cistercense.

Nel 1599 entrò nell’Abbazia, all’età di otto anni, Jacqueline Arnauld, terzogenita di una ricca e nobile famiglia di magistrati, che ubbidì molto malvolentieri ai voleri dei genitori.

L’anno seguente, all’età di nove anni, Jacqueline indossò l’abito monacale e assunse nel convento il nome di suor Marie Angélique de Saint-Magdaleine.

A diciotto anni fu eletta badessa in forza del privilegio, concesso dal Re di Francia Enrico IV, prima che entrasse nel monastero, quand’era ancora una bambina.

La giovane badessa, tra i primi atti, ripristinò la comunione dei beni tra le suore e impose, come prescriveva la regola benedettina, una rigorosa clausura, che applicò innanzi tutto a se stessa. Non ricevette in convento il padre, che era andato a farle visita, ma parlò con lui nel parlatorio attraverso la grata. Fu il 25 settembre 1609, tramandato come il “giorno della grata”.

L’episodio suscitò grande scalpore perché infrangeva la sacralità del pater familias e provocò una violenta disapprovazione da parte delle autorità ecclesiastiche, ma la badessa continuò ad andare avanti sulla via della riforma, perché non voleva che nel monastero si conducesse un tenore di vita licenzioso e corrotto, ma anche perché la sua esistenza avesse un senso.

Nella realizzazione del suo progetto tenne alto lo spirito della fede, che fu la caratteristica di Port Royal, come lei stessa riportò nella “Relazione”.

Le innovazioni introdotte, che le suore accettarono per libera scelta, una vita semplice e austera, un insolito rigorismo morale e l’istituzione di scuole suscitarono le reazioni dei gesuiti, assurti a elevate posizioni di potere.

In quell’epoca poi si verificò l’episodio del formulario, predisposto dalle autorità ecclesiastiche sotto l’influsso dei gesuiti, diretto ad incriminare alcuni punti della dottrina giansenista, che le suore rifiutarono di firmare. Esse furono condannate per il rifiuto non avendo osservato il voto di obbedienza, e furono private di ricevere i sacramenti. La vicenda si protrasse per alcuni anni fino agli inizi del 1700, quando il giansenismo fu condannato dalla Chiesa. La relatrice ha tenuto a sottolineare che la riforma di Port Royal, attuata dalla badessa Angélique Arnauld, era stata portata a compimento prima che sorgesse il giansenismo, poi macchiato di eresia.

Il braccio di ferro tra le monache ribelli e i poteri ecclesiastici e secolari continuò fino all’emanazione di una bolla pontificia, in forza della quale l’Abbazia fu spossessata dei beni e le poche suore rimaste nel convento, che non si erano piegate a rinnegare la riforma, furono espulse e disperse in altri istituti sotto la custodia di altre religiose in funzione di guardie carcerarie.

Il Re Luigi XIV, ormai Re Sole, fece distruggere gli edifici dell’Abbazia, compreso il cimitero, perché l’Abbazia di Port Royal non potesse diventare un mito. Il luogo dove sorgeva, una volta abbattuti gli edifici, venne arato e seminato; e attualmente è delimitato da alberi. Dall’erba soltanto affiora qualche traccia delle mura distrutte.

Quella delle suore ribelli di Port Royal è una storia esaltante per i tempi, anche se fu caratterizzata da vicende tragiche. Dimostra la ferma volontà di un gruppo di donne, la maggior parte delle quali entrò in convento contro la propria volontà, che seppero tener testa alle autorità di vertice dello Stato e della Chiesa e reagirono senza usare forme di violenza. Questa forse fu la loro forza, con la quale si imposero all’attenzione dei contemporanei e all’ammirazione delle future generazioni.

Perciò oggi si parla di Port Royal e, sebbene l’Abbazia fosse stata distrutta e ci fosse poco da osservare, il luogo è meta di continui pellegrinaggi. (a.l.)



del 26/05/2014

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