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Cari amici Kiwaniani, come Presidente Fondatore del Kiwanis Club TORINO (1992 )e del KC Genova Columbus (2008), reputo importante porre l’attenzione su un avvenimento mondiale “L'OSTENSIONE DELLA SACRA SINDONE “ che come sapete avviene dal 20 Aprile nella Cattedrale di Torino.
Ho pensato ad un ideale gemellaggio tra il KC TORINO e il KC GENOVA COLUMBUS e ringrazio il Prof. PAOLO ALDO ROSSI, Professore Ordinario di Storia del Pensiero Scientifico presso l’Università di Genova, Storico della scienza, Accademico e Saggista italiano, Specializzato nei campi della storia del pensiero scientifico, Storia della medicina, Epistologia delle scienze umane, Storia dell’alimentazione, che nella recente conviviale ha espresso il suo pensiero, che mi piace riportare qui di seguito, vista l'importanza dell'argomento:
<< Era già uscita – da qualche giorno sulla BBC - la nuova (o vecchia) consunta polemica del 1988 sulla datazione con la tecnica del Carbonio-14, ma non ho desiderato intervenirvi: si è dimostrato sulla Sindone qualunque cosa, ma la vera difficoltà è sapere che cosa si vuol dimostrare. Mi sembrava una cosa accessoria e inutile 20 anni fa, come mi sembrava superfluo e inessenziale nel 2008. “La datazione con il radiocarbonio – scriveva, negli anni ’60, l’inventore del metodo Willard Frank Libby. Anche perché: “Se dovessimo – scrive Karl Popper in Miseria dello storicismo – contare sull’imparzialità degli scienziati perfino la scienza naturale sarebbe del tutto impossibile”; e in questo caso, trattandosi di passioni politico-religiose, l’obiettività e l’equilibrio degli uomini di scienza – in quanto uomini - sono inadeguate e carenti e ancor più se hanno una forte ideologia da difendere.
Da parte mia ho soltanto cercato di avvalorare, sul piano del “realmente accaduto”, il fatto che alla metà del XV secolo la Chiesa Avignonese avrebbe dimostrato “eretica” (eterodossa, dal greco heteros, "diverso", "differente" e doxa, "opinione", ossia le credenze o convinzioni) la rappresentazione della Sindone, senza dover esibire le prove della sua inattendibilità storica; anzi, l’eterodossia e lo storicamente verificato sono concetti del tutto diversi: il primo si predica della dottrina morale e il secondo della epistemologia. Nel Memoriale del vescovo Pierre d'Arcis all’antipapa “avignonese” Clemente VII del 1389, si narra che il precedente vescovo di Troyes, Enrico di Poitiers, aveva nominato, 34 anni prima, una commissione di esperti con il compito di indagare se il telo fosse stato “dipinto” da un artista contemporaneo e, difatti, trovò un canonico che raccontò che in confessione l’artefice gli aveva confidato di aver pitturato il lenzuolo (ma non ne fa il nome, bensì dice “la verità venendo testimoniata dal pittore che l’aveva dipinta”) .
Prendere per buona questa vicenda significa accettare, come se fosse verità assoluta e di un’autenticità fuori discussione, la storia di una lite trentacinquennale fra i vescovi di Troyes, irritati perché esclusi dal ricco evento, e i signori e i canonici di Lirey, che ci volevano lucrare da soli (ed entra pure Carlo VI che tenta di confiscarla e passarla alla corona).
E poi chi era questo artista capace di impressionare la tela in modo così perfezionato che, fotografata cinque secoli più tardi, appariva come un ottimo negativo fotografico e realizzata con una tecnica artistica totalmente nuova tanto che ancora oggi non la si può scoprire e riprodurre? Le ricerche “serie” concordano pienamente nel definire la Sindone un oggetto ad oggi “irriproducibile”, cioè dotato di caratteristiche fisico-chimiche uniche ed ancora da scoprire. Ad oggi è stata usata l’anatomia, la biologia, la medicina legale, l’antropologia, l’archeologia, gli studi biblici, la storia, la fotografia a due e tre dimensioni, l’elettronica, l’informatica, lo studio dei pollini fossili, la fisica, la chimica, la storia dell'arte ... Resta pertanto - ripeto, al momento storico - del tutto esclusa la possibilità che si tratti di un manufatto: pertanto l'immagine impressa sulla Sindone è certamente stata lasciata dal cadavere di un uomo che ha subìto una serie di torture, tra le quali la flagellazione, e che infine è stato crocifisso. Un falsario avrebbe dovuto avere conoscenze gigantesche, ovvero un’erudizione letteraria e una preparazione scientifica colossale, oltretutto non disgiunta da una perfetta padronanza in tecniche artistiche da lui medesimo inventate.
E poi ho cercato di far vedere che per il Medioevo la storia narrata su quel lenzuolo non soltanto era storicamente falsa (la crocifissione era stata abolita da Costantino nel 325 d.C. e nessuno ne sapeva alcunché a mille anni di distanza), ma era eretica, cioè andava contro la dottrina ortodossa della Chiesa: i chiodi nelle mani sono sul polso verso l’avambraccio, nel punto di Destot nel carpo (o addirittura nello spazio fra l’ulna e il radio); i piedi sono girati indentro e quindi hanno bisogno di un solo chiodo (senza un suppedaneo); la corona di spine è fatta a casco e non a serto; le escoriazione sulle spalle fanno pensare naturalmente al patibulum e non all’intera croce; 120 sono le ferite da flagello e non le 39 abituali (ma il flagrum romano era triplice); dalla ferita nel costato esce sangue e siero anche dopo che il cadavere è stato deposto e sepolto …; per di più si tratta di un uomo con quattro dita per mano (per flessione e piegamento del pollice dovuta alla lesione del nervo mediano da parte del chiodo), completamente nudo (sic!) e con una lunga ciocca di capelli che cade dalla testa alle spalle come una treccia, una caratteristica tipicamente ebraica (in un’epoca e in una terra da cui gli ebrei sono messi a morte e cacciati come deicidi). Se invece che “dipinta”, oltretutto non chiaramente, la storia fosse stata narrata per iscritto, all’autore sarebbe toccato il rogo. Basterebbe pensare al figlio di Dio con quattro dita per mano e un’acconciatura da rabbino …
Poi ho cercato di vedere come le varie risposte al quesito “In che modo è stato prodotta la figura impressionata sul lenzuolo?” non danno una soluzione certa, ma una serie di falsificazioni, per cui eliminate tutte le ipotesi false, ciò che resta deve essere per forza la verità … però qui non c’è “il ciò che resta”. Per cui ho terminato il mio lavoro, enunciando che per il momento la questione è indecisa. La cosa non avrebbe dovuto scontentare nessuno, invece sono stato contestato da tutti (ma perlomeno constatato); mi hanno scritto gli amici e i non amici … addirittura mettendo in dubbio la mia serietà scientifica e basandosi sul fatto che questo mio Editoriale voglia essere sempre inevitabilmente divertente, sicché la sua coscienziosità e affidabilità sarebbero soltanto un optional o un accessorio extra. >>
Nel ringraziare il prof. Paolo Aldo Rossi
Luciano Giacomini