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Le collane delle donne ugandesi per pagare i macchinari diagnostici nel Medical Centre

Avere disponibilità, perché le strutture sanitarie funzionino senza interruzioni e il personale sanitario sia sempre formato con la collaborazione dei medici italiani e vercellesi. Su questo tema, giovedì 28 maggio, proposto dal Kiwanis Club di Vercelli presieduto da Piero Castello, il dottor Francesco Coggiola, specialista in ostetricia e ginecologia nonché dirigente del Policlinico di Monza, che anche gestisce la clinica vercellese Santa Rita ha parlato della sua esperienza in Uganda, stato dell’Africa Centrale dove i medici della risaia hanno reso possibile il funzionamento del Benedict Medical Centre, sorto a Luzira Kampala, capitale dell’Uganda. Il centro neonatale si aggiunge alla serie di iniziative in funzione della formazione dei giovani medici e sanitari di strutture assistenziali della popolazione avviate da tanti anni dal padre missionario John Calabrini. Le sale operatorie e le apparecchiature diagnostiche sono il risultato di un impegno del Policlinico di Monza nonché della devoluzione benefica di privati del Piemonte, in particolare Asti Casale e adesso Vercelli a cui il Kiwanis Club locale si sta rivolgendo. In più, Francesco Coggiola e suoi colleghi, rinunciando ai propri periodi di riposo, raggiungono il Benedict Medical Centre di Kampala dove rendono possibili tre obbiettivi: la tutela dei bambini e delle loro madri nonché la continuazione dell’opera professionalmente adeguata del personale, formato per le pratiche mediche e per i funzionamento del macchinari diagnostici svolta dal centro neonatale. L’apporto, fino ad ora realizzato, si colloca in parallelo con il programma Eliminate del Kiwanis per stroncare le infezioni da tetano che riguardano in Africa e in Asia le puerpere e i loro bambini appena nati. Un vaccino, che costa poco, sta dando risultati ragguardevoli dove Eliminate è in atto. Al costo talvolta elevato delle apparecchiature diagnostiche le donne ugandesi in parte fanno fronte producendo collane e altri monili fatti di poveri materiali e venduti in Italia e in Europa.

La produzione rientra nei canoni dell’artigianato territoriale, così largamente evidenziato anche dall’Expo 2015 e da altre iniziative in corso nel nostro Paese che, in qualche modo, fanno riferimento al cibo e alla ruralità delle singole aree territoriali.

Il dottor Francesco Coggiola, presentato ai soci del Kiwanis Club di Vercelli dall’urologo dottor Ezio Barasolo, nella conferenza sul Benedict Medical Centre ha anche inquadrato l’Uganda da un punto di vista geopolitico. Lo stato, lambito ad est dal Lago Vittoria, è incuneato tra il Sudan, il Congo, il Kenya e la Tanzania. Coggiola ha annotato che il paese è una testimonianza di contraddizioni: impostazioni urbanistiche occidentali e tanta povertà che si riverbera sulla popolazione. L’età media non va oltre i 50/54 anni. E su mille bambini, circa il 67% muore nell’infanzia. Negli anni Sessanta scorsi, dopo periodi storici burrascosi le opere di padre Calabrini, accanto a quelle pubbliche, hanno dato molto spazio agli interventi sanitari privati cui, volontaristicamente concorrono il dottor Francesco Coggiola e i suoi colleghi che a turno raggiungono Kampala e i centro neonatale. Importante per loro è assicurare sempre il funzionamento ai massimi livelli del Benedict Medical Centre nonché assicurando la formazione permanente. Essa si estrinseca nei piani profilattici, in interventi a favore dei minori e in interventi chirurgici che rispettino tutti i protocolli in vigore in Europa. La conferenza di Coggiola con molto garbo ha avuto quale riferimento il dibattito in corso in Italia a proposito dell’immigrazione. La formazione permanente in loco sarebbe un antidoto all’emigrazione di massa che, per la neonatalità, l’ostetrici e la ginecologia si stanno adoperando Francesco Coggiola e i suoi colleghi. I loro intenti sono riassunti da due slogan: We care, noi possiamo. E la frase di Luigi Pintor a proposito della vis di solidarietà: Non c’è in una intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perchè un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi. E’ quello che al Benedict Medical Centre stanno cercando di fare padre Calabrini, Francesco Coggiola e i suoi colleghi temporaneamente dalle colline del Monferrato e dalla risaia vercellese a Kampala, quartiere periferico di Luzira dove è sorta la struttura sanitaria.

20150528 Coggiola

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